Lo sport degli scrittori. Menti brillanti, fisici scattanti (qualche volta)

Lo sport degli scrittori. Menti brillanti, fisici scattanti (qualche volta)

Intellettuale e sportivo. Artista e palestrato. Atleta e Letterato. Binomi che suscitano stupore perchè ancora oggi resiste nell’immaginario collettivo l’idea dello scrittore “maledetto”, emaciato  e senza muscoli che, rinchiuso in una stanza piena di fumo, scrive i suoi romanzi con la bottiglia in mano.

Dagli oziosi bohemièn parigini del XIX secolo, scapestrati e nottambuli, passando per gli intellettuali della beat generation fino agli hippy sessantottini, sono decine le figure di spicco del panorama intellettuale che hanno contribuito a creare lo stereotipo dell’artista dissoluto, pieno di talento alimentato ad alcool e droga.

Anche senza giungere agli eccessi autodistruttivi di alcuni artisti, il mestiere dello scrittore, con le dovute eccezioni, è considerato antisportivo per eccellenza, tanto che non mancano le teorie che indicano i rappresentati di questa categoria come i candidati ideali di un postumanesimo che ci libererà dal corpo per trasformarci in cyborg dominati dalla mente. La letteratura a riguardo è abbondante e sconfina spesso nella fantascienza. È del 1992 il “Manifesto del postumano” di Robert Pepperell  ma l’esperienza di questi ultimi anni ci indica che sempre più intellettuali, lungi dal rinunciare al corpo, hanno cominciato ad occuparsene con metodo e costanza.

Sempre di corsa

La classifica delle attività più amate dai romanzieri è la corsa che vanta tra i suoi sostenitori nomi illustri del panorama letterario internazionale come il giapponese Haruki Murakami, sessantatreenne e maratoneta convinto. Nel suo “L’arte di correre” (Einaudi 2009) Murakami, che si è cimentato anche con gare di triathlon, afferma:

La maggior parte di quello che so dello scrivere l’ho imparato attraverso l’esercizio della corsa di tutti i giorni.

La similitudine tra il completare una maratona e lo scrivere un romanzo è ben chiara nella mente di questo atletico autore che trova tanto nello sforzo fisico quanto in quello di resistenza mentale la sensazione autentica di vivere.

Tra gli italiani Mauro Covacich, classe 1965, è forse il più rappresentativo degli scrittori appassionati di running. L’autore triestino, pur senza essere un atleta professionista ha partecipato a diverse competizioni tra cui la maratona di New York e ha dedicato un romanzo all’ambiente della corsa (“A perdifiato” Mondadori 2003). In un’intervista a Rai Libro (http://www.railibro.rai.it/interviste.asp?id=36) dice:

La maratona è una sorta di credo permanente: basta aver corso volta soltanto per sentirsi maratoneti a vita. Un po’ come per la psicanalisi. Sì, la considero una forma di arte marziale, una disciplina interiore. Lo è intrinsecamente. Per gli allenamenti che richiede, per il modo in cui ti porta a percepire l’ambiente, per lo sforzo che esige dal tuo corpo. Il maratoneta è un samurai con le scarpette al posto della spada: è estremamente severo verso se stesso, non si perdona mai, è costantemente in lotta contro i propri limiti.

Anche lo scrittore americano Michael Cunningham, vincitore nel 1999 del premio Pulitzer con il romanzo “Le ore” (Bompiani) da cui è stato tratto il film omonimo (The hours), ha bisogno di fare sport per rigenerare la mente e continuare a scrivere. In una recente intervista a Io Donna ha spiegato:

Per me è molto importante fare movimento. Sto tutto il giorno seduto su una sedia a scrivere. Alle 5 di pomeriggio mi sento sempre solo e grasso. Così stacco e vado a correre, o a fare sollevamento pesi. Da qualche tempo ho cominciato anche a praticare la boxe, mi fa stare bene e mi rilassa.

Giovani e atletici

Alessandro D’Avenia

Anche la bicicletta ha i suoi seguaci tra gli scrittori. Nicola Lecca, trentacinquenne autore di numerosi romanzi pluripremiati e attualmente in libreria con il suo “Il corpo odiato” edito da Mondadori dichiara una grande passione per le due ruote e il nuoto, discipline che pratica regolarmente. Altrettanto sportivo è Alessandro D’avenia, giovane insegnante di lettere e sceneggiatore, arrivato alle luci della ribalta nel 2010 con “Bianca come il latte, rossa come il sangue” a cui ha fatto seguito l’anno successivo “Cose che nessuno sa”, entrambi editi da Mondadori. D’Avenia riscuote parecchio successo tra le giovani lettrici che apprezzano non solo i suoi romanzi ma anche il fisico scattante. E se con lui la natura è stata generosa lo scrittore ci mette del suo con l’allenamento. Ha detto, infatti, a LeUltime20.it:

Pratico ogni settimana il calcio o lo squash o il nuoto. Le gite in montagna una volta al mese. Dell’alimentazione non mi preoccupo ma sto attento a non esagerare. L’unica regola che mi do, o che mi dà il corpo. Io mi limito ad ascoltare.

Bandito anche il fumo visto che lo scrittore dice di aver fumato la sua prima e ultima sigaretta a 14 anni. Lo sport nel suo caso è un piacere che non ha scopi antistress poiché è la scrittura a rilassarlo più di ogni altra cosa.

Di tutto un po’

Le arti marziali sembrano riscuorete un notevole successo tra gli scrittori contemporanei anche se non sempre il fatto di essere maestri in una di queste discipline coincide con il concetto di atleta. Ne è un esempio l’eclettico Andrea Pinketts che sebbene in passato sia stato maestro di Kendo non ha mai nascosto il fatto essere un nottambulo più amante dei sigari che del tatami. Più in linea con l’immagine dello sportivo è lo scrittore Gianrico Carofiglio cintura nera di Karate 5º dan, oltre che appassionato surfista. Una nota di merito va alla scrittrice americana Katherin Dunn, oggi sessantaseienne, famosa per essere stata una delle più apprezzate croniste di boxe degli Stati Uniti e averla praticata lei stessa. In una divertente intervista a proposito della boxe raccontò:

Il dramma era che sul ring gli avversari uomini stavano attenti a non farmi male, mentre io facevo di tutto per pestarli. Ci riuscii una volta a dare un sinistro a un naso che non se l’aspettava. Che soddisfazione!.

La Dunn, pur non essendo una maniaca del fitness (è un’accanita fumatrice), ama la maggior parte degli sport perchè trova che il movimento faccia bene al fisico e alla mente e negli ultimi anni è passata dal ring alla piscina che frequenta quasi quotidianamente.

Tra i romanzieri nostrani che hanno contribuito a distruggere il mito dello scrittore sfisicato c’è anche Andrea de Carlo che alla soglia dei sessant’anni continua a sfoggiare un corpo asciutto a quanto pare molto apprezzato dal pubblico femminile, mentre Erri de Luca, grande amante della montagna, fa parte della categoria degli appassionati di sport estremi e nonostante l’età non più giovanissima, non perde occasione per arrampicarsi sulle vette più impervie, così come Mauro Corona, alpinista, scrittore  e scultore friulano, in libreria in questo momento con “La casa dei sette ponti” (Feltrinelli).

Nel panorama letterario internazionale spiccano nomi noti come Paulo Cohelo che dopo aver sperimentato i devastanti effetti della droga in anni giovanili dice di aver ritrovato il piacere di godere del proprio corpo dedicandosi alla camminata nordica e al kyudo, una disciplina orientale che unisce la pratica del tiro con l’arco alla meditazione. In Spagna il campione di vendite Idelfonso Falcones, classe 1959 (famoso per la “Cattedrale del mare”, Longanesi), avvocato, padre di quattro figli, è assiduo frequentatore del Club di Polo di Barcellona dove lo si può vedere spesso in sella ai suoi cavalli.

Il tapis roulant e i pesi in palestra sono le attività sportive predilette da Piersandro Pallavicini, autore di “Romanzo per signora” (Feltrinelli) che ammette però di non essere costante:

Ci vado solo cinque o sei mesi all’anno perché con il lavoro è troppo complicato.

E poi c’è chi candidamente ammette di non essere sportivo. È il caso di Roberto Ferrucci, cinquantaduenne veneziano che dopo il suo “Sentimenti sovversivi” (Isbn edizioni) ha da poco presentato in versione digitale il nuovo “Sentimenti decisivi” per Feltrinelli Zoom. Ferrucci, interpellato da LeUltime20.it, si prende simpaticamente in giro:

A dire il vero faccio attività saltuarie e sgangherate. Direi che la mia specialità è la pigrizia. Ma cammino molto e ripasso a memoria alcuni match storici di tennis, cosa che mi affatica molto anche se non credo sia utile a smaltire i chili di troppo.

I chili forse rimarranno al loro posto, ma di sicuro il cervello resterà in allenamento. E per noi lettori questo è l’importante.

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