Della tecnologia e dei tempi andati

Della tecnologia e dei tempi andati

Pochi giorni fa su Twitter imperava un hashtag (per chi non frequenta questo social network si tratta di un tema su cui scrivere) chiamato “ai miei tempi”.

Questa frase, che tutti abbiamo sentito pronunciare almeno una volta dai genitori o dai nonni, oggi offre un’enorme quantità di possibili considerazioni.

Fino a pochi decenni fa, quando un anziano diceva “ai miei tempi” si riferiva alla sua gioventù, in genere almeno mezzo secolo prima. Quello era il tempo minimo affinché l’evoluzione umana portasse cambiamenti radicali negli stili di vita. Oggi dieci anni sono più che sufficienti per poter ripetere quella frase ai propri figli.

La tecnologia ha accelerato in modo vertiginoso le trasformazioni del vivere quotidiano sia nell’ambito privato che in quello professionale, facendo sì che spesso le due aree non abbiano più una linea di confine ben marcata. Questa sovrapposizione ha mutato in modo radicale le abitudini di molte famiglie.

Quasi come un gioco mi sono messa a riflettere sulle cose che potrei raccontare ai miei figli parlando loro dei “miei tempi”. Il maggior ha undici anni, un bambino all’anagrafe, un adulto per la tecnologia. Ho limitato l’analisi ai settori che influiscono in modo più diretto sulla vita quotidiana e sull’interazione fra persone, senza tenere conto di invenzioni o scoperte in campo medico, scientifico o in altri settori specifici per parlare dei quali occorrerebbe un vero e proprio trattato.

Ho individuato cinque elementi realmente determinanti nel passaggio tra il XX e il XXI secolo. Eccoli.

La velocità di reperimento delle informazioni

Ricordo i primi anni di Internet in redazione a metà degli anni novanta. La rete era accessibile da un solo computer ed era un contenitore ancora tutto da riempire. Noi giornalisti navigavamo a turno, più per curiosità che per reale necessità, perché tutto ciò di cui avevamo bisogno per scrivere i nostri articoli era raggiungibile quasi esclusivamente via telefono o fax. Il materiale fotografico arrivava rigorosamente via posta e talvolta si vivevano momenti di panico quando si doveva andare in stampa ma una o più immagini risultavano disperse. Spesso per riuscire a individuare un contatto utile occorrevano decine di chiamate. Scrivere era solo la fase finale di un lungo e complicato percorso di ricerca.

Dalla comunicazione orale a quella scritta

C’è stato un tempo in cui fare una chiamata telefonica era il modo più rapido ed efficace per domandare o per far sapere qualcosa a qualcuno. Scrivere una lettera era un gesto che richiedeva tempo ed era riservato a chi era molto lontano. Poi sono arrivate le email e gli sms dei cellulari e le distanze si sono poco a poco accorciate. L’invio di contenuti multimediali e le chat istantanee sono solo l’ultimo anello di una catena che chi è nato dopo il duemila non può nemmeno immaginare.

Libri e media: dalla carta al tablet

L’avvento dei supporti elettronici per leggere libri e giornali è forse una delle questioni più dibattute del momento. A me ricorda la vecchia diatriba degli anni novanta tra chi aveva il telefono cellulare e chi non ne voleva sapere. Rammento persone che asserivano convinte che, se qualcuno le avesse cercate, la segreteria del telefono di casa sarebbe stata più che sufficiente per averne notizia.

Oggi non avere un cellulare (o meglio sarebbe dire uno smartphone) equivale a essere una sorta di alieno. Credo che fra qualche anno la stessa sorte toccherà a chi non avrà mai letto un libro in versione elettronica.

Io che adoro vedere i miei volumi cartacei ben allineati sulla libreria, e nel letto ogni sera tengo tra le mani un romanzo stampato, trovo inutile e anacronistica la resistenza di chi si ostina a negare i vantaggi dei tablet. Quando viaggio porto con me centinai di libri in un rettangolo di plastica che sta comodamente in borsa e pesa meno della mia busta del trucco. Perché dovrei rinunciarvi in nome della tradizione? Non è un caso che il Salone internazionale del Libro di Torino quest’anno abbia per tema la “primavera digitale”. Un titolo poco probabile quindici anni fa.

Anche il Kindle o l’Ipad verranno superati, esattamente come è accaduto per le videocassette i floppy disk o i Dvd. La carta resiste da secoli e continuerà a fare bella mostra di sé sulle librerie, ma noi dovremo adeguarci in continuazione a nuovi formati. Forse un giorno proietteremo testi nell’aria schiacciando un tasto del telefono, come gli ologrammi dei film di fantascienza.

I bambini che oggi scaricano applicazioni, musica e giochi  da internet e a scuola lavorano su lavagne interattive non si pongono nemmeno il problema perché per loro la tecnologia non è mai un avversario.

La vita condivisa

Una delle più grandi differenze che cerco di spiegare ai miei figli quando parlo loro dei “miei tempi” è che prima della loro nascita quasi nulla era istantaneo. Oggi invece ogni cosa diventa “social”. Si videogioca in diretta con altre persone in paesi diversi, si chatta, si twitta, si fa amicizia in Facebook, si condividono momenti fotografando con Instagram e così via. Ogni secondo delle nostre giornate, volendo, può finire nel grande calderone della rete ed essere messo a disposizione di milioni di persone, con tutti i vantaggi ma anche tutti i rischi che ne derivano, specie per i minori. Il controllo dei genitori un tempo era circoscritto alle telefonate che arrivavano sul telefono di casa e, quando era possibile, alle compagnie frequentate dai figli. Oggi è fondamentale un’educazione al corretto uso della rete in modo che la condivisione non diventi una pericolosa fonte di guai.

Essere localizzabili

L’ultima grande differenza che stupisce i più giovani è l’impossibilità, fino a pochi anni fa, di utilizzare Gps e smartphone dotati di mappe per localizzare e visualizzare qualsiasi punto sulla terra (o per farci localizzare a nostra volta). Le vecchie carte stradali erano l’unico sistema utile per visitare una città o un luogo sconosciuto, mentre oggi i sistemi di navigazione satellitare permettono una molteplicità di applicazioni prima impensabili. Gli orologi studiati per lo sport, per esempio, registrano itinerari, chilometri percorsi, cambi di quota e velocità e sono in grado di accumulare un’enorme quantità di dati che può essere scaricata ed elaborata da appositi programmi.

Come abbiamo visto ce n’è abbastanza per sentirsi dei matusa, ma il segreto sta nel non farsi trovare impreparati. Trovo insensato rifiutare gli innegabili vantaggi della tecnologia e sebbene di fronte al joystick della Playstation mi senta totalmente inadeguata, riesco a prendermi le mie soddisfazioni insegnando ai bambini a utizzare l’Ipad o le molte applicazioni che ancora non conoscono. Qualche settimana fa mia figlia, sette anni, ha coniato un nuovo termine mischiando le parole Twitter e follower. “Quanti ‘twittower’ hai?” mi ha chiesto suscitando l’ilarità della famiglia.

Per fortuna i bambini restano tali in tutte le epoche.

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8 Comments

  1. Avatar
    viviana Maggio 12, 2012

    Una cosa ho capito: quando non ti interessi più: alla scienza , alla tecnologia, alle innovazioni sei vecchio ! Non importa che età anagrafica tu abbia, sei vecchio dentro!
    Gli occhi che guardano al futuro , anche con criticità e non solo con entusiasmo spassionato,sono occhi giovani.
    Ogni tanto crogiolarsi nella nostalgia dei tempi andati fa piacere e fa anche memoria storica, ma indugiare troppo è pericoloso assai.
    😉

  2. Avatar
    Quella che voleva snobbarlo Luglio 09, 2012

    l’avanzare della tecnologia mi ha sempre affascinato. ho un lavoro in cui l’innovazione,per la comunicazione e l’informazione è assolutamente necessaria. quindi sempre in prima fila con le novità, con questo nuovo modo di essere che ti fa essere avanti agli amici, conoscenti o clienti (coetanei)che non hanno questa forma mentale che invece sembra innata nei ragazzi. sono al pari di mio figlio diciottenne nell’utlizzo di tutto questo popo’ di roba.. eppure qualoosa sta cambiando…. la bellezza di non frasi trovare….tenere un libro di carta tra le mani, ricevere una vera cartolina, scrivere una lettera, collezzionare vecchi dispositivi (il commodore 64, m24 olivetti il primo 386 con windowa 3.1….) sto invecchiando?

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      Patrizia La Daga Luglio 09, 2012

      Ti capisco perché succede anche a me. Invecchiando? Naaaa… Diciamo che siamo solo un po’ più maturi e sensibili al fascino del passato. 🙂

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    Quella che voleva snobbarlo Luglio 09, 2012

    scusa l’ortografia vado di fretta quel collezzionare è tremendo…

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    infor me Luglio 26, 2012

    “trovo inutile e anacronistica la resistenza di chi si ostina a negare i vantaggi dei tablet.”
    Condivido pienamente. Amo i libri più di ogni altra cosa, e ogni giorno leggo romanzi cartacei senza stancarmene. Ho anche il kindle, che è un’altra cosa sì ma è tanto bello quanto un libro. Leggero, pratico e legato al dizionario (cosa importantissima). Lo porto al mare al posto di un libro così non si stropiccia nè si rovina, lo porto in aeroporto, ecc …

    Sono due cose diverse, entrambe meravigliose.
    W le rivoluzioni tecnologiche!

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    Il vecchio Novembre 12, 2013

    È difficile dire con precisione se la tecnologia stia man mano sempre più invadendo i cervelli dei giovani d oggi e li porti sul essere destratti dai problemi attuali e dallo studio. Le nuove tecnologie,come io stesso me ne rendo conto e ne capisco gli effetti studiandoli su me stesso, sono fonte di distrazioni e di sconcentrazione soprattutto nel momento dello studio quando la concentrazione non deve mancare; quando arriva un messaggio o semplicemente si sente il telefono squillare immediatamente ci si fioda sul telefono per capire che cosa è successo, chi ci ha scritto il messaggio e in quel momento ci dedichiamo a quello passando anche ore sugli schermi. Quali sono i pro e i contro e le differenze tra nativi e immigranti digitali dunque?

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