Gianluca Nicoletti, “Dobbiamo trasmettere felicità ai nostri figli autistici”.

Gianluca Nicoletti, “Dobbiamo trasmettere felicità ai nostri figli autistici”.

18081_10200429278793037_1065477247_nRidere mentre il tuo interlocutore ti parla della sua esperienza come padre di un adolescente autistico. No, non sono diventata un mostro di insensibilità, ho solo intervistato Gianluca Nicoletti, giornalista, scrittore e autore radiotelevisivo ultimamente sotto i riflettori dei media per aver pubblicato Una notte ho sognato che parlavi (Mondadori)un libro che racconta in modo schietto, senza falsi pudori e spesso anche con ironia, la vita di una famiglia con un figlio affetto da autismo.

Incontro Nicoletti negli uffici di Radio24 dove ogni mattina conduce Melog, una trasmissione dedicata a temi di attualità che il giornalista tratta con sguardo “non convenzionale”, come recita la presentazione ufficiale del programma. E di convenzionale questo istrionico autore ha davvero poco. Basta leggere qualche pagina del suo libro per rendersi conto che non si tratta di un testo strappalacrime impregnato di autocommiserazione, né di un trattato scientifico dedicato alla malattia e tantomeno di una storia edulcorata per far contenti i benpensanti.

Una notte ho sognato che parlavi è una narrazione lucida e dettagliata della vita di un padre che ogni giorno si occupa del figlio quattordicenne, un gigante dolce e riccioluto a cui l’adolescenza ha portato in dono crisi epilettiche e scatti di violenza che lasciano i segni sulla pelle. Tommy, il figlio di Nicoletti, è ormai più alto e forte di lui. La madre lo teme e non è in grado di controllarlo come faceva quando era bambino. La maturazione fisica del ragazzo ha obbligato la famiglia a un passaggio di consegne e l’autore racconta nel libro, ma anche nel suo blog miofiglioautistico.it, questa assunzione di responsabilità senza mai lesinare i dettagli, anche i più sgradevoli.

Parlare seriamente del libro con Nicoletti è stata un’avventura. La sua esuberanza verbale è spesso travolgente e il fatto di non essere davanti alle telecamere di un importante programma televisivo, ma soltanto in presenza di una semplice collega freelance, ha scatenato il lato più goliardico del giornalista. Così, tra una domanda e l’altra, si sono verificati divertenti siparietti che Nicoletti ha filmato a più riprese con il suo iPad. E io sono finita, mio malgrado, su YouTube (abbiate pietà almeno voi che mi leggete).

64456_523471921009560_1503988303_nAl di là delle battute, le risposte che trovate qui sotto, più serie che mai, testimoniano l’intelligenza e la positività di un uomo coraggioso, che non ha smesso di lottare per se stesso e per la felicità di suo figlio.

Gianluca, qual è stata la molla che ti ha fatto decidere di scrivere questo libro? E quale il tuo obiettivo?

Mi ha spinto l’editore innanzitutto che ha insistito per un paio di mesi perché io non ne volevo sapere. Stavo scrivendo un altro libro che non c’entrava nulla, poi però mi sono lasciato convincere perché già da tempo avevo notato che il termine autistico era entrato nell’uso comune ma in maniera impropria, quasi fosse un vezzeggiativo, come se con quella parola si potesse indicare una persona balzana, strana, oppure, al contrario, un individuo mostruoso, imputabile di delitti atroci. Da quando mio figlio è entrato nell’adolescenza ho vissuto sulla mia pelle l’arretratezza del nostro Paese in materia di autismo. In Italia c’è una visione molto bigotta del problema, vige ancora la concezione che le malattie di natura mentale vadano nascoste e poi, cosa ancora più infame e atroce, ho scoperto il mercato che c’è attorno all’autismo: cooperative prive di qualifica professionale, grandi istituzioni religiose che, con la scusa di occuparsi di povere anime disperate, in realtà fanno un grande business, così ho deciso di scrivere il libro per dire basta.

Quanto ci hai messo per scriverlo?

Tanto sono stato titubante nell’accettare di scriverlo tanto sono stato veloce nel finirlo perché ci ho messo solo tre settimane lavorando di notte, l’unico spazio che avevo libero. Ho raccontato senza filtri né edulcorazione anche le cose più tristi e più quotidiane, come un figlio che fa la pipì fuori della tazza e che quindi ti obbliga a pulire costantemente. Cose che non verrebbe mai in mente di raccontare, invece io l’ho fatto perché sono questi i punti distintivi del disagio per le famiglie che lo soffrono.

All’estero com’è la situazione rispetto al nostro Paese ?

L’ultima cosa che voglio fare è l’esperto di autismo perché esistono già troppe figure improvvisate, è vero però che all’estero la realtà è affrontata diversamente, addirittura mi ha scritto un’amica dal Messico, paese che noi consideriamo arretrato, dove invece esiste una visione più concreta e realistica del problema. In Italia c’è difficoltà ad accettare le linee guida dettate dall’Istituto Superiore di Sanità. Ci sono movimenti d’opinione che affascinano migliaia di genitori dando le colpe dell’autismo ai vaccini, alle multinazionali, alle diete sbagliate, tutte supposizioni non scientificamente accertate.

Che cosa si deve fare per le famiglie?

Io rappresento le famiglie che hanno un autistico ormai cresciuto. Ma oggi si sa che tutti gli interventi che si fanno prima dell’anno di vita sono molto efficaci. Purtroppo se fossimo stati informati prima sarebbe stato diverso, ma ancora oggi in Italia, come all’epoca della nascita di Tommy, si aspettano tre o quattro anni per cominciare a fare una diagnosi. Si tratta di un meccanismo limaccioso, ipocritamente mirato a mantenere vivo l’elemento di profitto, un sistema che fa passare il bambino di valutazione in valutazione durante anni lasciando la famiglia in un’area di incertezza che le fa perdere tempo e occasioni.

Nicoletti 2Tua moglie e tuo figlio maggiore, Filippo, come hanno giudicato il libro?

Il resto della famiglia guarda con grande pudore questa mia attività, non hanno mai interferito in niente. Mia moglie è una donna che sa rispettare i miei spazi.

 Il titolo del libro nasce da una pagina in cui racconti che ti capita di sognare Tommaso che ti parla. Ricordi cosa vi dite?

È la stessa cosa di quando sogni cose miracolose e impossibili, così capita che sogni che il figlio che non ti ha mai parlato si mette a parlarti, ma non so cosa ci diciamo, sono conversazioni normali, quotidiane. È la chiara proiezione di un desiderio. In realtà, il fatto che Tommy non parli non è certo il suo primo problema.

 Nel libro dici che troppo spesso vedi genitori che smettono di vivere per accudire i loro figli autistici, poi però sostieni di non riuscire più ad avere un momento per te stesso. Come si trova un equilibrio?

Di necessità si fa virtù. Anch’io non vedo altra forma di vita possibile che occuparmi di mio figlio, ma mantengo il mio margine di gioia e di desiderio nei confronti della vita. Se fossi il classico padre con figlio disabile non sarei qui a scherzare con te e a farti i filmini, vedresti invece un signore con gli occhi persi nel vuoto che pensa che per tutta la vita farà il badante al figlio. Io non mi rassegno. Vedo madri di autistici, donne fantastiche, che si trascurano e pensano che a loro la vita non potrà dare più niente. Persone così sono infelici e trasmettono solo infelicità ai figli. Io Tommy me lo vorrei portare dietro sempre, facciamo tutto insieme e lui si diverte, è contento. È nostro dovere di genitori non essere “cadaveri” per i nostri figli. Tommy ci ha insegnato a “sgraffignare” con le unghie dei barlumi di felicità dalla vita. Prima avevo davanti tutta la giornata, potevo organizzare il mio tempo, stare via tre giorni, andare alle feste o alle cene e mi annoiavo tantissimo. Adesso che ho il tempo contingentato, che so che sono libero dalle diciannove alle ventidue, in quelle ore cerco di fare il massimo per essere contento.

Se potessi tornare indietro c’è qualche errore che non rifaresti?

Dal punto di vista organizzativo tantissimi. Avrei cominciato prima a organizzare il tempo di mio figlio invece di illudermi che l’uscita dall’infanzia avrebbe significato il suo ingresso nella vita. Ho sprecato tempo, l’ho tenuto sempre vicino come un bambino quando avrei potuto regalargli un tempo qualitativamente migliore. Il mio progetto “Insettopia”, la città felice in cui i ragazzi autistici possano vivere serenamente quando non sono con i loro genitori ha proprio questo obiettivo.

 A che punto è il progetto?

Sono sfortunato perché siamo in un momento di incertezza istituzionale per cui è difficile trovare referenti. Ho avviato un discorso interessante con il Comune di Roma, che però è alla fine del suo mandato e c’è il rischio che, nel caso non si riuscisse a concludere in tempo, nessuno faccia nulla per non lasciare vantaggio a quelli che verranno dopo; in Italia purtroppo si ragiona così. Vedo però che sto riuscendo a coalizzare l’attenzione dei genitori. Se questi usassero tutta la forza della loro lobby si potrebbe fare di più. Però è difficile far uscire le persone dal loro isolamento perché un figlio autistico ti allontana da tutti, non esci con gli amici, perdi le opportunità professionali, regredisci dal punto di vista sociale e, se perdi i contatti, non ti senti più in grado di fare qualcosa di concreto.

 Sul tuo blog hai citato anche un’iniziativa che vuoi proporre alle Ferrovie dello Stato…

La scorsa domenica ho fatto un viaggio treno, a Tommy piace molto, c’era poca gente e mi è venuto in mente che si potrebbero organizzare delle “giornate mobili” per ragazzi autistici. Basterebbe riservare una carrozza nei giorni di poca affluenza e far viaggiare un gruppo di ragazzi  con gli operatori, per esempio da Roma a Milano e ritorno. Gli autistici sono affascinati dal paesaggio che scorre fuori dai finestrini. È un’iniziativa che garantirebbe ai genitori una giornata di libertà in totale sicurezza perché dal treno i ragazzi non possono scendere e non penso che alle Ferrovie possa costare molto.

Nicoletti- La Daga

L’intervista finisce, scattiamo qualche foto e me ne vado col sorriso, pensando che, con un padre come Gianluca Nicoletti, i sorrisi e le parole a Tommy non mancheranno mai.

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10 Comments

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    Lorenza Aprile 10, 2013

    Che persona splendida questo padre! Grazie per avermelo ‘fatto conoscere’. Quante persone e situazioni da cui imparare nella vita!

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    Giuseppe Ferraris Aprile 10, 2013

    Grazie per essere un paladino senza peli sulla lingua…un tranciante divulgatore di conoscenza…un incazzato essere umano che ogni giorno rischia di diventare disumano di fronte a tanta sordità. ..Grazie !!!

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    pasqualina grazioso Aprile 10, 2013

    Comprerò il libro,nel mio condominio abita un bambino autistico ,e mi ratrista tanto quando in giardino ,anche se c”e il fratnteellino più piccolo gioca da solo,ha lo sguardo assente e gira su e giù, echiuso in un mondo tutto suo.

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    Antonella Aprile 16, 2013

    grandissimo uomo e padre! complimenti davvero…ho gia ordinato il libro e lo leggerò tutto d’un fiato!

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    Morena Aprile 30, 2013

    Ho conosciuto Nicoletti come giornalista e conduttore di radio 24, e mi piace. Ora lo ammiro: conosco genitori che vivono la stessa situazione e mi rendo conto che non è vita facile.

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    Luigia Maggio 17, 2013

    pur non avendo ancora letto il libro, che mi appresto a comprare, gia’ in quel che si dice nell’articolo, vedo la mia vita e quella della mia famiglia con il nostro Adriano, anche lui gigantone forte e poco contenibile, 14 anni. Abbiamo assolutamente bisogno, noi famiglie di autistici, di essere aiutate e di creare una rete di eventi, incontri che non rappresentino giustamente un buisines, per uscire fuori dall’isolamento a cui andiamo tutti piu’ o meno incontro. Noi siamo in un momento difficile della nostra vita con l’entrata di Adriano nell’adolescenza e vogliamo partecipare a quanti ci vogliano aiutare seriamente. Stiamiamo Nicoletti come persona e spero si possa fare qualcosa con tutto il cuore.

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      Ettore Maggio 28, 2013

      Carissimo Gianluca, ho terminato di leggere il libro “ho sognato che mi parlavi”, mi ha colpito tutta l’umanità che trasmette nel raccontare la vita vissuta insieme a Suo figlio Tommy.E, come è giusto che sia, la propria umanità non va mai censurata, neanche quando questa è sottoposta a condizionamenti dolorosi e nel contempo ci permettono di scoprire di più per che cosa siamo fatti.Anch’io ho un figlio autistico che tra meno di un mese compirà 18 anni.Sottoscrivo con tutto il cuore una delle tante cose che ha scritto:” se non sono felice io non può esserlo neanche mio figlio”, a questa affermazione, a questo desiderio non sono disposto a rinunciarvi neppure io.Questo grido di desiderio di felicità può e deve diventare un’esplosione di domanda a tutti quelli che incontriamo.HO avuto e ho la “fortuna” di potere condividere un dolore così grande con alcuni amici che mi fanno compagnia in questa avventura, a volte spietata, ma piena di fascino. Vivo con più intensità ciò che la realtà mi mette davanti.Grazie! Ettore

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