Catalogna: il finto referendum del 9 novembre.

Catalogna: il finto referendum del 9 novembre.

Nel giorno in cui la Germania celebrava il 25º anniversario della caduta del muro di Berlino, la Catalogna ha fatto di tutto per tirarne su un altro.

Ieri, 9 novembre, circa due milioni di catalani maggiori di 16 anni e gli stranieri residenti (mancavano solo turisti e bambini per poter ottenere più affluenza) si sono recati alle urne per votare in uno pseudo referendum senza censimento della popolazione e senza le garanzie di un’autorità di controllo, una sorta di sondaggio affidato ai volontari che, non avendo alcun valore legale, ha regalato alla Catalogna l’immagine di un paese più simile a una repubblica delle banane, come ha scritto l’opinionista (catalano) de El País, Francesc de Carreras, che a uno stato moderno (c’era anche chi domandava: “Quante volte posso votare?).

Le domande erano due: Vuoi che la Catalogna sia uno stato? Se sì, vuoi che questo stato sia indipendente?

Pep Guardiola vota sport.es

L’ex-allenatore del Barça, Pep Guardiola, al voto. (foto: sport.es)

La vittoria dei sì, come era prevedibile, è stata schiacciante (1,6 milioni di voti) e corredata di foto di personaggi noti, come l’ex allenatore del Barça, Pep Guardiola, arrivato appositamente dalla Germania e immortalato mentre, radioso, depositava il suo voto nell’urna.

Perché una vittoria prevedibile? Perché fino ad oggi chi è più interessato portare a casa il pane (cosa difficile ovunque di questi tempi) piuttosto che a rivendicare presunti orgogli nazionali, non è andato in piazza, non ha esposto bandiere, non fatto sentire la sua voce. E, salvo rare eccezioni, (solo 92 mila i “no” a entrambi i quesiti) non è andato a votare.

Agli occhi degli anti-nazionalisti la consultazione è apparsa una farsa antidemocratica, oltre che uno spreco di tempo e di risorse. Ecco perché non sono andati a mettere la propria scheda in un’urna priva di ogni validità e garanzia giuridica.

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Code per votare nelle scuole catalane (foto: eldiario.es)

Fuori dalle scuole delle province catalane in cui si votava, fatta eccezione per qualche incidente a Girona, non c’è stata violenza e questo è già un risultato positivo vista l’aria che si respirava da queste parti negli ultimi mesi.

La politica è diventata un tema tabù anche tra amici perché il fanatismo indipendentista infiamma gli animi e rischia di rovinare rapporti decennali. È accaduto anche alla sottoscritta poche sere fa, durante una cena fra amici (o ex-amici?) e temo che in futuro, se il clima non si raffredda, gli episodi di intolleranza si moltiplicheranno.

Che cosa accadrà adesso? Il presidente catalano Artur Mas, che in caso di ripercussioni penali dice di volersi assumere la responsabilità come unico “colpevole” dell’organizzazione del referendum, a suo tempo proibito dal Tribunale Costituzionale, ha annunciato l’invio di una lettera al presidente del governo Rajoy per avviare una negoziazione che porti alla celebrazione di un vero referendum destinato a sancire l’indipendenza della nazione catalana. Di fatto non è cambiato nulla, ma stando ai media catalani pro-indipendenza ora tutto sarà in discesa. Speriamo non verso il baratro…

Che Mas aspiri ad entrare nei libri di storia ormai non è più un mistero per nessuno. C’è da augurarsi che non ci riesca non come capo di uno stato in coda per l’ingresso nella UE come il Kossovo.

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(Foto di copertina: eldiario.es)

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